Con l’influencer marketing le aziende passano dalla comunicazione B2B a quella Human to Human. L’obiettivo è mettere al centro la persona in una nuova ottica “win win win” dove il valore si distribuisce in parti uguali tra business, influencer e consumatori
Se fino a poco tempo fa il ruolo di testimonial di un brand o di un prodotto veniva affidato quasi esclusivamente a personaggi famosi e opinion leader, oggi non è più così. E chi si occupa di digital PR in ambito aziendale e business non può più sottovalutare i numeri e la portata dell’influencer marketing. Con l’avvento del Web 2.0, che ha reso i canali di comunicazione bidirezionali, dando modo agli utenti di esprimere giudizi e opinioni, e la sempre maggiore impermeabilità dei consumatori nei confronti delle tradizionali forme di pubblicità, le aziende hanno dovuto cambiare la propria strategia di marketing. Per promuovere brand, prodotti, servizi oggi le aziende non si affidano più solo e soltanto alle celebrity, ma anche e sempre di più agli influencer.Perché questo recente spostamento dalla celebrity all’influencer? Perchè l’influencer, diversamente dalla maggior parte dei personaggi famosi per meriti artistici, sportivi o altro, ha costruito la propria reputazione partendo dalla creazione di una community di follower selezionata per interessi, numerosa e attiva, sempre pronta a seguire, mettere like, commentare e interagire con i suoi post.
Ecco che per un’azienda diventa strategico associare l’immagine del proprio brand o di un prodotto agli influencer, considerati autorevoli e competenti in un determinato settore, ma al tempo stesso vicini alle persone comuni, consumatori e potenziali clienti. L’influencer è quello che si potrebbe definire “uno di noi”, quindi degno di fiducia, solo più esperto in un determinato campo, come fashion, food, travel, nel quale la leadership gli viene riconosciuta dal numero di follower e dalle interazioni sui suoi post.
E’ l’indiscusso potere del passaparola, che nel tempo cambia canali di comunicazione, ma resta sempre e comunque l’arma vincente per convertire i potenziali clienti all’acquisto dei propri prodotti, ma non solo. L’influencer marketing soddisfa pienamente la necessità delle aziende di entrare in contatto con la quotidianità dei propri clienti, prima, durante e dopo la conversione finale.
L’influencer relation, infatti, non è strategica solo nella primaria fase di brand awareness ma anche per soddisfare la necessità del cliente di reperire informazioni sul prodotto, risolvere problematiche, fornire suggerimenti utili al suo utilizzo e indirizzarlo verso i canali di acquisto più convenienti. Se concepito così l’inflencer marketing è in grado di allineare gli obiettivi del business, dell’influencer e del cliente finale, diventando parte integrante e proattiva nei vari micro momenti del customer journey del cliente. Ecco come il contenuto giusto, inserito nel momento e nel luogo giusto, può aiutare il brand a fare breccia nel cuore del suo potenziale cliente e a instaurare una relazione duratura.
Tra il brand e i consumatori c’è l’influencer
L’influencer marketing è due volte più veloce degli approcci convenzionali nel raggiungere la propria target audience e fino a dieci volte più efficace. Launchmetrics, nel suo quarto report annuale intitolato “Lo stato dell’influencer marketing 2018“, mostra che la percentuale di professionisti di marketing, comunicazione e relazioni pubbliche che nel 2017 ha realizzato campagne sui social nei settori di moda, lusso e cosmetica è cresciuta del 13%. Nello stesso anno il 78% dei marketer presi in esame hanno realizzato campagne influencer, valutate efficaci dal 90% di loro per generare brand awareness.
Una strategia che sembra funzionare tanto che le aziende sono sempre più disposte a investire in termini di denaro (+ 60% nel 2017) e team interno specializzato nella creazione di campagne con micro e macro influencer che può arrivare a generare fino a 11 volte il ROI della pubblicità tradizionale.
In ogni caso, bisogna considerare che se la misurazione del ritorno sull’investimento dell’influencer marketing in termini di brand awareness e reputazione è piuttosto facile da misurare attraverso strumenti di monitoraggio, lo stesso non si può dire per l’impatto reale sulle vendite e sulla customer satisfaction. Quando un’azienda sceglie di intraprendere una campagna di influencer marketing, infatti, non deve ragionare sul breve periodo e tantomeno deve lasciarsi sopraffare dai numeri da capogiro in termini di impressioni, visualizzazioni e follower di cui molti falsi influencer si fanno vanto acquistandoli a pagamento. Lo sa bene Unilever, che ha attuato una vera e propria campagna anti-influencer farlocchi.
La trasparenza e la credibilità dell’influencer sono fondamentali e le cosiddette vanity metrics non devono distrarre l’azienda dai suoi reali obiettivi, che non si fermano alla prima fase di brand awareness, ma proseguono con la vendita, la soddisfazione e la fidelizzazione del cliente. Attuata in quest’ottica l’influencer relation diventa un reale investimento per l’azienda, dove il contenuto dell’influencer diventa il tramite tra gli obiettivi dell’azienda e quelli dei clienti.
Il consumatore al centro
L’influencer viene percepito come una persona autorevole e indipendente, non come un testimonial pagato dall’azienda, e per questo ottiene la fiducia dell’utente-consumatore. Su questo si basa il suo successo e la scelta di aziende e brand di affidarsi a questo tipo di professionista per migliorare brand awareness, reputazione e vendite. Se la fiducia tra influencer e follower viene meno, l’influencer marketing non funziona più. E il rischio c’è, se i post promozionali degli influencer non vengono chiaramente indicati come contenuti pubblicitari.
Il tema dei contenuti sponsorizzati sulle piattaforme social media ha spinto l’Antritrust a intervenire nel luglio 2017 per tutelare i consumatori dal fenomeno del marketing occulto. Nel comunicato stampa diffuso dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si elencano i criteri generali di comportamento per rendere chiaramente riconoscibile la finalità promozionale dei contenuti “sponsorizzati” degli influencer.
La tutela del consumatore finale, infatti, deve essere il principio cardine di ogni attività di marketing e non solo per motivi etici e penali, ma anche strategici. Il fenomeno dell’influencer marketing ci spinge a riflettere – ancora una volta – sul ruolo cardine delle relazioni: le aziende hanno la necessità di umanizzarsi per riconfigurare la customer journey dei propri clienti e si affidano agli influencer che hanno costruito il loro successo proprio sulle relazioni con i propri fan.
Ecco allora che l’influencer marketing per portare alla tanto ricercata conversione all’acquisto, deve affidarsi a influencer che siano in grado di costruire e mantenere un autentico rapporto di fiducia con i loro follower, e di conseguenza tra azienda, influencer e consumatori.